sabato 19 maggio 2012

Chamis, la montagna di neve


Cari Amici,
oggi vi racconto di Chamis.
Chamis è una comunità rurale sui 300 abitanti a circa 2850 metri di quota, a 7 km a nord est di Cajamarca. Camminando all’andata che è salita ci si mette 1 ora e mezza, per discendere a piedi invece si tarda solo 1 ora. Questi tempi si riferiscono al collegio, infatti l’area di Chamis è ampia e con case sparse qua e là sui cerros (montagne a forma di panettone che sembrano collinone o tettone -della Mama Pacha :) - e sembra impossibile che ci troviamo a quasi 3000 metri).
A Chamis c’é un asilo e una elementare vicino a un piccolo cimitero (sì, di quelli di montagna sul cucuzzolo) e poi, un poco distaccato, si ubica il Collegio (nostra scuola media/superiori), nato più recentemente, nel 2007, per opera dei padri di famiglia e della ONG Warmayllu (quella dove stiamo facendo Servizio Civile).
Qui il link di Yachaq, il canale youtube del Collegio. Tra i molti presenti, potete trovare il video in spagnolo "estamos construyendo la casa del saber", realizzato dai ragazzi,  che presenta il Collegio.
A Chamis io e Jennifer ci saliamo il lunedì e il mercoledì per insegnare rispettivamente arte e inglese. All’andata prendiamo un combi (pulmino da 14 posti su cui si sono visti picchi di 33 persone, alcune anche sul tetto, senza contare le improbabili e ingombranti mercanzie) che ci porta fino al collegio nell’arco di 40 minuti, percorrendo la carretera sterrata tutta tornanti, che è spesso scenario di improbabili avvenimenti (alberi abbattuti durante l’ora “di punta”, frane, materiale di costruzione in mezzo alla strada, sorpassi azzardati da parte di altre combi, con di fianco i precipizi,...). Al ritorno invece scendiamo a piedi (1h e mezza fino a casa nostra), tagliando per le ormai note scorciatoie, tra euclaipti, terra rossa e ocra, case rurali, assalti di tacchini in amore, cani magrissimi, asini carichi di fasci d’erba.
Nel collegio di Chamis ci sono circa 64 ragazzi. Di cui 12 ragazzine, circa. Ripeto il circa perché spesso i ragazzi sono assenti, per vari motivi, tra cui i più frequenti sono “aiutare i genitori” nel lavoro nei campi o a vendere il bestiame. 
I ragazzi di Chamis mi stanno lasciando qualcosa in questo cuore gringo. Ed è per questo che fatico a scriverne. Benigni una volta in una intervista (mi pare a il senso della vita di bonolis) descrisse sua moglie come: “...una maestà fragile, una fragilissima maestà. È come quando trovi una montagna di neve. Dice il poeta «Se hai una montagna di neve tienila all’ombra», perché le maestà come le montagne fragili sono delicate, bisogna custodirle bene e non esporle ai lumi”.
Ebbene, i ragazzi di Chamis sono una montagna di neve. Anche se qui di neve se n'é vista ben poca. Nel primo collegio bilingue (castigliano e quechua) interculturale del Perù, isolati lassù nelle Ande. In pochi possiedono cellulari, in due possiedono una macchina fotografica. Non hanno internet né nel collegio né a casa e non sanno bene cosa sia, certi non hanno l’elettricità nemmeno a casa. Nessuno ha l’acqua calda. Nessuno ha un computer. Nel collegio non c’é acqua né luce, il bagno è una latrina con 4 pareti di lamiera e un buco in mezzo, abbastanza profondo. Non c'é una raccolta di rifiuti adeguata alle esigenze della popolazione (ma stiamo realizzando un progetto di riciclaggio che speriamo possa servire oltre che sensibilizzare a migliorare la situazione dello smaltimento). Le bimbe indossano gli abiti tradizionali: sombrero, sandali, gonne (una sopra l’altra), camicetta, maglioncino, mante. Alcuni non hanno mai visto Cajamarca e la maggior parte non ha mai visto il mare. C’é un forte contatto fisico, anche tra i maschi, si tengono spesso per mano, si abbracciano. A molti piace giocare a calcio, in agosto si fanno gli aquiloni ché c’è vento. Vanno a scuola a piedi, certi camminano anche 2 ore. Qualcuno invece possiede una bici e spesso ci salgono a grappoli di 2 bambini o più alla volta. Mani gonfie e unghie nere di terra. Nessuno ciccione, immaginate perché. Tutti molto bassi. Mi sento una stangona, per lo più bionda, a confronto (ti piace vincere facile?). 
Ieri coi ragazzi di Chamis siamo andati in gita. A Cajamarca, nei musei gratuiti in occasione del día dei musei e in un sito archeologico vicino, Ventanillas de Ortusco, dove ci sono antichissime finestrelle scavate nella roccia. Avevano dei grossi occhi i ragazzini, più grandi del solito. E’ stato uno stimolo qualsiasi cosa, anche la folla in plaza des armas, il traffico, il viaggio in pulmino del comune, col quale siamo passati a fianco all’aeroporto e per la prima volta molti hanno visto un avion, un aereo. Al ponte, dove ci siamo riuniti, Isabel (maschio) aveva la sua merenda in un sacchetto di plastica nero. Non tutti hanno uno zaino e spesso usano i sacchetti di plastica per portare quaderni e tutto l’occorrente. Il sacchetto di plastica lo usava anche mio papà per portare le cose, da giovane. Solo certi ragazzi li ho visti indossare giacche, spesso hanno solo una camicia con sotto una t-shirt, anche se all’interno delle classi fa un freddo becco. Al museo erano mostrati gli abiti tradizionali dei campesini di Cajamarca, le ragazzine guardavano nelle vetrine ed era come se si specchiassero. La tradizione è viva in Perù, diceva il cartello all’ingresso della sala. 
E’ forse per questo che faccio fatica a parlare di Chamis, come non mi va di mostrare le foto coi volti dei ragazzi. Perché la trovo una realtà delicata, da trattare con cura. E mi sembra di non spiegare abbastanza e anche se ci provo, so che non si puo’ spiegare tutto, perché sono io la prima a non capire. Quella sensazione altalenante tra gioia, inquietudine e incomprensione che provo durante le lezioni. A volte la profonda soddisfazione, quando sento che si instaura un filo tra di noi, che spesso è facilitato da quel ponte mattacchione che è il linguaggio artistico, sempre impregnato di emotività. Altre volte il senso di smarimento, non capendo bene che ruolo ho lì, quale sia il vero significato, valore, se ce l'ha, di tutto questo progetto. L’impressione di non riuscire ad afferrare del tutto questa realtà, ma di volerla accarezzare finché posso. Di metterci il meglio di me, e questo mi sprona a trovarlo e spremerlo bene, questo meglio di me. Di pensare a “ma avrò fatto bene?” e di non sapere la risposta. Di confrontarmi con Jenni e di confrontarci ancora, e ancora e poi nel dubbio confrontarci anche con Mari e Gio. Di provare a non fare troppo danno. La timidezza delle persone di campagna, che ridono per un non nulla, le bimbe che si nascondono il viso dietro le mante (sorta di mantelle colorate). Graciela che tira un pugno a Anor per autodifendersi e gli fa sanguinare il naso. I ragazzi durante il ricreo delle 11.00 si sdraiano sul prato a mangiare la sopa calda di riso e verdure cucinata a turno dalle mamme in grossi pentoloni di ghisa alla strega maniera. Ognuno si porta il suo piatto e cucchiaio da casa, che dopo lava nel rigagnolo di fiumiciattolo lì vicino.
Mi limiterò dunque a mostrarvi solo alcune parti della montagna di neve, lasciandola il più possibile all’ombra del suo mistero.
Le mani.
Degli anziani della comunità che durante la festa della Cruz de Mayo adornano la croce con fiori di campo. Mani così grandi che sfiorano i fiori così delicati.

Le mani esperte  e veloci dei ragazzi del terzo grado che costruiscono aquiloni.


Le donne che tessono con la rueca sono quelle che costellano i prati di Chamis, mani instancabili che torcono la lana, torcono la lana, mentre aspettano o camminano.


giovedì 17 maggio 2012

Non è mica da questi particolari

Ciao Amici,
a questo link potete trovare l'ultima produzione delle cajamarca's sisters:

Cover di un grande successo di De Gregori, é un omaggio corale a Marta, la nostra coordinatrice ASPEm che cambia lavoro, alla volta di nuovi orizzonti, da navigare cantando.
Enjoy.